FILOSOFIA DELLO SPORT: L’irrazionalità del calcio

 

L’amore non è razionalità, cantava Raf nel suo Infinito. Non è razionalità nemmeno il calcio. Insomma discutibile o no... non potete replicare a lui che, a furia di seguire l’istinto, il suo nome lo ha scritto a caratteri cubitali nella storia di questo sport, e non solo, si chiama appunto DIEGO ARMANDO MARADONA,  che dice - Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci. E come se non gli bastasse, per il suo cubitale di istinto si è piazzato invece nella Top Ten dei filosofi del calcio con la sua teoria che si chiama invece Irrazionalità del calcio.

Gioco che non è scontro di cervelli… quello si chiama gioco degli scacchi. Immaginate due piedi che su di un prato spingono un pallone fino a non toccare mai la rete? Beh… un perenne nodo in gola! Un’attesa senza fine. Un amore irrazionale nella sua fedeltà. Se ragioni troppo insomma poi dovresti smettere di amare il calcio e magari la tua squadra, che invece ami anche per il suo gusto agrodolce. I veri amori conoscono il gusto dolce del sogno e il gusto amaro di un segno, come quello di una rete mai segnata e che comunque sia ha segnato pur sempre la storia. Un amore sempre in attesa di essere amato, fatto di sogni nel cassetto anche se realizzati. È amore eterno, unico, non primo che richiede la ragione del secondo. È l’unico amore a cui sei fedele anche se a volte non hai in cambio quello che ti aspetti. Perché amare è sentirsi legati anche quando si viene delusi da quella rete mai segnata in quel secondo in cui speravi. Il tifoso è il fedele per eccellenza. La squadra non la cambi. O ci credi o non ci credi. La fedeltà non è razionalità.

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